March 711

Formula "Coffee table"

Introduzione

Non può non colpire la fantasia una monoposto come la March 711: la mente rimane scioccata, lo sguardo non riesce ad andare oltre a quella strana ala ellittica che si erge al di sopra del muso arrotondato e basso, sorretta unicamente da un esile piloncino. Ma che cos'è: una tavola da surf? Sarà il glamour di Montecarlo, dove ho avvicinato la vettura per la prima volta, ma io lì sopra ci vedrei bene una pin up intenta a ballare ritmi elettronici. Gli inglesi sono assai più freddi e compassati nella loro ironia, perciò appiopparono alla strana creatura nomignoli quali "coffee table" e "tea tray", che hanno il sinistro suono di una stroncatura. Eppure, nell'odissea di un progetto nato con una determinata filosofia e poi parzialmente rinnegato per trovare soluzione a tutta una serie di problematiche emerse, non mancarono i risultati: basta, infatti, leggere la classifica del campionato costruttori a fine stagione per accorgersi che…Tyrrell prima con 73 punti, seguita dalla Brm con 36 e dalla March a quota 33, pari merito con (udite udite!) la Ferrari. Passando alla classifica piloti si scopre che al secondo posto, dietro all'asso piglia tutto Stewart, si erge Ronnie Peterson, alfiere della casa di Bicester. Certo, Peterson ed il suo smisurato talento per la velocità, capace di sopperire alle carenze della vettura ma anche un po' la 711 con quella strana ala anteriore. Indagando, la curiosità va oltre le forme, perché la storia della 711 si tinge dei colori italiani quando il telaio inglese viene accoppiato con il motore otto cilindri Alfa Romeo, alla sua seconda stagione in Formula 1. Una pagina non proprio esaltante, ma sempre un episodio del nostro automobilismo sportivo. Infine, va ricordato che la 711 è stata la compagna di Niki Lauda nel suo debutto in Formula 1.

Sulle ali dello Spitfire

March è l'acronimo formato dalle iniziali dei quattro fondatori del marchio nato nel 1969: Max Mosley, Alan Rees, Graham Coaker e Robin Herd. Ognuno dei quattro soci versa un capitale di 2.500 sterline e si assume la responsabilità di un settore dell'attività: Mosley si occupa della parte commerciale, Herd della progettazione delle vetture, Rees assume la direzione sportiva, e Coaker dirige la produzione nella factory di Bicester. Quest'ultimo uscirà di scena nel 1971 per morire poi tragicamente a bordo di una March F.2, lasciatagli come parte della sua liquidazione, mentre Rees, alla fine dello stesso anno, abbandonerà la società per andare a ricoprire un'analoga posizione alla neonata Shadow. Il progetto è molto ambizioso: costruire vetture da corsa da gestire in proprio, ma soprattutto da vendere ad altre scuderie, sull'onda di quanto già fanno Brabham, McLaren e Lotus. L'attività inizia nello stesso anno della fondazione con la costruzione di telai per la Formula 3. L'ascesa è rapidissima e nel 1970 la March è impegnata anche in Formula 2, nella Formula Ford 1.600, nella Can-Am e in Formula 1, dove conquista la vittoria nella Corsa dei Campioni e nel Gran Premio di Spagna con Jackie Stewart. Nonostante una prima stagione esaltante per una squadra al debutto, in March sentono di poter fare meglio: la 701 era una monoposto progettata in fretta, troppo convenzionale e pesante. Inoltre, ci si rende conto che Herd non può seguire da solo tutti i progetti in cui la factory è impegnata: si provvede a rinforzare l'organico con l'arrivo di Geoff Ferris dalla Lotus, dove aveva collaborato a fianco di Maurice Phillipe allo studio della Mk 72, e di Frank Costin (fratello di Mike, fondatore della Cosworth insieme a Keith Dukcworth), uno dei primi collaboratori di Colin Chapman e successivamente progettista della Vanwall a metà anni '50. Gli obiettivi e le linee guida per la nuova monoposto vengono fissati nella tarda primavera del 70' da Herd, in modo da garantirsi il tempo di sviluppare con calma tutte le idee e avere un progetto da presentare ai clienti con sufficiente anticipo sulla stagione successiva. Si parte da una monoscocca costruita con pannelli in lega di alluminio NS4 (16 all'esterno e 18 all'interno). La sezione anteriore è ellittica, simile a quella delle vecchie monoposto a sigaro ma, passando verso il posteriore, i fianchi si alzano leggermente, la sezione diventa rettangolare e rastremata nella zona degli attacchi per il motore. La struttura ingloba i tre serbatoi, uno centrale e due laterali a fianco del pilota, per una capacità totale di 227 litri di benzina. Fin qui nulla di eclatante. Il discorso inizia a farsi interessante analizzando la disposizione degli organi meccanici e degli accessori. Dal punto di vista tecnico, il punto di riferimento di quel periodo è senz'altro la Lotus '72, anche se molti non ne hanno ancora compreso appieno le caratteristiche. L'arrivo di Geoff Ferris, che a quel progetto aveva lavorato, permette alla March di recepire più velocemente le esperienze sviluppate da Colin Chapman e da Maurice Philippe. I radiatori dell'acqua vengono montati sulle fiancate, nella zona terminale del telaio, consentendo di concentrare i pesi intorno al baricentro e semplificando il circuito di raffreddamento. I radiatori dell'olio sono posizionati invece sul retrotreno, nella zona del cambio. Un altro importante travaso di esperienze è dato dall'adozione dei freni anteriori in board, soluzione complicata da problemi di raffreddamento e di rigidità torsionale, che però dovrebbe consentire un alleggerimento delle masse sospese. I dischi sono autoventilati, mentre le pinze vengono fornite dalla Girling. Altro elemento interessante è la sospensione anteriore: lo schema è un convenzionale doppi triangoli sovrapposti con elementi tubolari, ma gli ammortizzatori della Koni sono in board, alloggiati nella centina frontale del telaio e azionati dal doppio braccio del triangolo superiore, che lavora come un bilancere. Tale soluzione consente di ottenere un flusso d'aria pulito diretto ai radiatori attraverso gli elementi delle sospensioni. La barra antirollio è montata sulla parte superiore del telaio e collegata al triangolo inferiore attraverso una bielletta. Al posteriore ancora uno schema a doppi triangoli con elementi tubolari e ammortizzatori Koni. I freni della Girling sono in boarde adottano pastiglie Ferodo, mentre i semiassi e i giunti sono della Hewland, che fornisce anche il cambio FG 400. La veste aerodinamica elaborata da Costin rimane la parte più originale e suggestiva della 711: "Volevamo una vettura molto aerodinamica con poco trascinamento, e ci siamo concentrati su questa linea." Così Geoff Ferris spiega l'obiettivo alla base della progettazione della 711 che, tradotto in termini più pratici, significa ottenere la maggiore penetrazione possibile, per cercare di compensare con l'aerodinamica la mancanza di cavalli degli otto cilindri nei confronti dei dodici messi in campo da Ferrari, Brm e Matra. Dunque non si sceglie la strada della Mk72, con la sua carrozzeria a cuneo in grado di generare deportanza, ma si lascia questo compito alle sole appendici alari. L'anteriore, ispirata alle ali dello Spitfire, il famoso caccia utilizzato dalla Raf durante la seconda Guerra Mondiale, ha una superficie quattro volte superiore a quella di un'ala convenzionale ma offre soltanto il doppio della resistenza. Si erge al di sopra del muso arrotondato sorretta da un piloncino e ha un incidenza regolabile, come si può notare dalla presenza di una guaina in gomma sul supporto. L'intero musetto e sorretto da un telaio ausiliario fissato alla paratia anteriore della monoscocca. Per l'ala posteriore inizialmente si studiano due soluzioni: una biplana e una triplana. Dopo le prime prove sul circuito di Kyalami si opta per la prima, anche se poi verrà utilizzata anche un'ala monoplano a minor carico. Per garantire la necessaria robustezza alla struttura i profili sono montati su un telaio tubolare fissato al retrotreno della vettura. La parte meno accurata dal punto di vista aerodinamico è quella intorno alle sospensioni anteriori, lasciate pressoché scoperte, con i freni in board completamente a vista all'interno del telaio. Questo perché non si sono trovate soluzioni soddisfacenti e più pulite per fornire adeguato raffreddamento ai dischi. Intorno alla monoscocca larga e bassa una pelle in vetroresina abbraccia il pilota ed il motore, estendendosi in altezza fino alla barra di protezione del pilota, e in lunghezza fino alla parte iniziale del cambio, dove termina tronca per lasciare evacuare il calore. Sul lato frontale del cockpit una parte dell'appendice è trasparente, poi ampliata per migliorare la visibilità, già mortificata dalla presenza dell'ala anteriore. Sulla stessa struttura sono ricavate prese d'aria Naca dietro e ai lati della testa del pilota per consentire al motore di respirare. In corrispondenza delle testate viene ricavato un piccolo sportello per interventi rapidi sul propulsore. Lo studio dell'aerodinamica è stato molto accurato anche intorno alla testa del pilota al punto che, per minimizzare le turbolenze in quella zona, s'ipotizza l'utilizzo di caschi della Bell Star. Altrettanto pulite le fiancate, con i radiatori fasciati da appendici in vetroresina che terminano davanti alle ruote posteriori, lasciando in vista soltanto i collettori di scarico.

Cavalli italiani e cavalli inglesi

Per dare vita alla nuova creatura della March ci sono ben due motori: il classico ed inossidabile Ford V8 Cosworth e l'Alfa Romeo con analoga architettura. Il primo è conosciutissimo, in quanto opzione quasi obbligatoria per chi non può costruirsi un motore in casa o non può disporre dell'appoggio diretto di una casa. Nel corso della stagione '71 il propulsore inglese finisce al centro dell'attenzione per quanto riguarda le sue prestazioni. All'inizio dell'anno è accreditato di circa 450 CV, quindi, sulla carta, svantaggiato davanti ai dodici cilindri messi in campo da Ferrari, Brm e Matra, che viaggiano sui 470 cavalli. Ma quando la Tyrrell Cosworth di Stewart comincia a martellare la concorrenza con ritmi di gara impossibili, la stampa inizia a rompersi il capo sulle ragioni alla base di simili prestazioni: dalla benzina irregolare alla cilindrata non conforme al regolamento (va ricordato che i controlli all'epoca quasi neanche esistevano), tutte le strade vengono vagliate a fondo. Tra queste anche la possibilità che la factory inglese abbia messo in produzione un super motore in grado di eguagliare le prestazioni dei dodici cilindri. Lo stesso Peterson, che inizia a far volare la sua March 711, viene "sospettato" di utilizzare questa unità motrice. In realtà, nel corso della stagione Keith Duckworth ammette che come potenza si è arrivati ad ottenere 447-448 cavalli, ma il vero incremento si è verificato nel regime di rotazione, che sfonda la barriera dei 10.000 giri/min. Dunque, se le dodici cilindri non marciano è perché hanno dei telai scadenti che non fanno lavorare adeguatamente le gomme, fattore fondamentale in questa stagione. Assai meno si sa sull'otto cilindri a V di 90° dell'Alfa Romeo. L'ingegner Marelli, ex Ferrari e all'epoca direttore tecnico sportivo del reparto corse della casa di Arese, ci ha aiutato a addentrarci nei meandri della storia di questo propulsore. Derivato dall'analogo motore del pluri vittorioso sport prototipo 33/3, ha una cilindrata di 2.993 cc ed eroga circa 420 CV a non più di 9.600 giri/min. Le modifiche per renderlo adatto alla Formula 1 hanno riguardato soprattutto il miglioramento della curva di anticipo dello spinterogeno ed un diverso profilo degli alberi a camme. Rispetto al suo diretto concorrente Cosworth, il motore italiano, oltre che meno potente, è anche più pesante, più lungo ed il suo carter più basso obbliga ad un assetto meno estremo e a diversi attacchi del motore. Inizialmente si pensa di accoppiare al motore anche un cambio Alfa, ma poi l'impresa viene abbandonata perché la trasmissione italiana è costruita all'incontrario dei normali Hewland in uso nella massima formula: i meccanismi del cambio si trovano, infatti, davanti al differenziale, rendendo complicata la sostituzione dei rapporti, vero punto di forza delle unità inglesi. Il propulsore debutta in Formula 1 nel 1970, accoppiata ad un telaio McLaren. L'artefice dell'operazione è il pilota Andrea De Adamich, portacolori dell'Alfa nelle gare di durata, con un passato in Ferrari. Il triestino vuole entrare stabilmente in Formula 1 ed usa la sua influenza per farsi appoggiare dalla casa del Biscione che, dal canto suo, non è più presente in Formula 1 dal 1951, l'epoca dei fasti con la 159. Fasti che forse andrebbero rinverditi ed infatti la notizia di un ritorno dell'Alfa ai massimi livelli viene salutato dalla stampa nazionale con un tripudio di espressioni gaudenti. Si dice che il motore italiano abbia stupito i tecnici inglesi della McLaren per le su doti di accelerazione, ma la sbornia iniziale viene presto smaltita davanti ai primi risultati, e non potrebbe essere diversamente, vista la carenza di cavalli e i problemi di pescaggio olio dal carter. Va inoltre tenuto conto che il V8 Alfa non è sufficientemente rigido per compiere completamente una funzione portante, innescando problemi torsionali che spesso culminano nella rottura. A fine stagione la McLaren chiede all'Alfa di investire di più sullo sviluppo del motore, ma soprattutto batte cassa per montarlo ancora sui suoi telai: l'accordo va a monte e ci si rivolge alla March, che invece è strutturata per vendere monposto ed in quel momento sta ottenendo un forte appoggio finanziario dalla STP di Andy Granatelli. Sarà proprio il team di quest'ultimo a schierare la March 711 con motore Alfa per De Adamich. Durante la stagione '71 il motore continuerà a soffrire dei soliti problemi e il pilota triestino navigherà sempre nelle retrovie, ma in occasione del GP d'Austria debutta una versione modificata con soli tre supporti di banco anziché cinque: i risultati sembrano incoraggianti e Nanni Galli, che lo porta in gara, riesce a scalare la griglia di partenza per guadagnare qualche posizione. Manca ancora l'affidabilità, ma la strada intrapresa sembra buona e l'ingegner Marelli torna a Milano con l'idea di riprogettare l'otto cilindri in funzione di quella soluzione, tuttavia viene bloccato perché mancano i soldi e perché è ormai partito il progetto del V12, che sta assorbendo le risorse del reparto corse dell'Alfa.

Evoluzione o negazione?

La March 711 nella sua configurazione originale dura il tempo della presentazione. Il primo telaio è quello dotato di motore Alfa, destinato a De Adamich. Non appena ultimato, viene spedito in Sud Africa, sul circuito di Kyalami per i collaudi di rito e i primi lavori di sviluppo. La macchina viene prima fatta girare senza appendici alari, ottenendo il tempo di 1'23"4, poi abbassato a 1'22" con l'aerodinamica completa, mentre la velocità di punta raggiunta è di 285 Km/h. Tutto sommato un responso positivo, anche se dopo le belle notizie arrivano le brutte: guai dal raffreddamento dei freni anteriori e del motore. Ben presto ci si accorge anche che la portata d'aria garantita dalle prese Naca ricavate sul cofano è troppo esigua per far respirare adeguatamente i propulsori. Per la soluzione del primo problema bisogna attendere la Corsa dei Campioni di Brands Hutch, poco prima del GP di Spagna, quando sulla macchina di Peterson si spacca l'alberino di collegamento tra il mozzo e il disco freno anteriore. Un cedimento strutturale piuttosto grave, verificatosi anche sulla Lotus 72 nella stagione precedente: per ovvi motivi di sicurezza Herd decide di fare un passo indietro ed i freni anteriori tornano nella solita posizione on board. Questa soluzione permette di sigillare meglio la zona attorno alle sospensioni anteriori, che precedentemente appariva scoperta. Sul fronte del raffreddamento motore si progettano nuovi e più grandi radiatori, che vengono montati a partire dal GP di Monaco, e nuove carene aerodinamiche molto più aperte, più corte e a sezione rettangolare. Le cose migliorano, ma molto spesso se ne farà a meno, preferendo lasciare i radiatori dell'acqua completamente liberi. Per risolvere i problemi di portata d'aria verso il motore si elimina il cofano, lasciando scoperti i tromboncini. Non si rinuncerà comunque a provare differenti tipi di airbox: uno tradizionale con presa tozza e quadrata, che racchiude soltanto i tromboncini e lascia a vista le testate del propulsore. Sempre sulla tipologia di quest'ultimo, viene studiata una versione con presa ovale e sottile ed un altro con una bocca rettangolare sviluppata in altezza, secondo una moda che va affermandosi e che vede entrare in circolazione airscope sempre più esagerati. Si tenta anche di tornare ad una maggiore integrazione tra l'aerodinamica nella zona del roll bar e quella del motore, come nel progetto iniziale, con un airscope a goccia che coinvolge entrambe le parti: quest'ultima evoluzione sarà proposta anche sulla 721, evoluzione della 711. La dura realtà della pista manda all'aria buona parte dei pilastri su cui si fondava lo studio tecnico della March 711: resiste imperterrita soltanto l'ala anteriore, seppure qualche grattacapo lo da anche lei, perché il meccanismo di regolazione dell'incidenza è piuttosto rozzo e non permette aggiustamenti di piccola entità. Sull'ultra veloce pista di Monza si deciderà anche di farne a meno, schierando le vetture con il solo muso arrotondato. Qualche problema viene anche dalle gomme Firestone, ma in questo caso si tratta di mal comune e mezzo gaudio: i nuovi pneumatici a spalla bassa del gommista americano creano forti vibrazioni che mandano in crisi i telai. A quest'ordine di problemi la March risponde con un irrobustimento della scocca e a lungo andare le nuove gomme rappresentano un fattore di vantaggio. Per migliorare il raffreddamento dei freni posteriori vengono aggiunte anche prese d'aria appositamente studiate, mentre in occasione del GP di Germania vengono provati da Peterson e Pescarolo i nuovi ammortizzatori della Bilstein, dotati di una camera con gas decompresso che integra il sistema idraulico tradizionale. Non se ne farà nulla e si continuerà con i Koni. Osservando le 711 ancora in circolazione si evince che ognuna è diversa dalle altre salvo le caratteristiche generali, segno di uno sviluppo tecnico un po' approssimativo che, persa la strada iniziale, fatica a trovare una nuova via per incrementare le prestazioni.

Cronaca sportiva

La Formula 1 è sempre stata uno sport costoso e quando si trova uno sponsor munifico si è disposti anche a baciargli le scarpe. Non stupisce, dunque, se la STP riesce ad imporre alla March i nomi delle vetture: quelle dotate con il motore italiano vengono battezzate STP March Alfa e le altre, a motore Cosworth, STP Oil Treatment Special. La stampa ed il pubblico se ne faranno un baffo e continueranno a parlare di March 711 Alfa o Ford. Per lo stesso motivo (i soliti adorati quattrini) la March rinuncia a cercare un pilota inglese (si era parlato di Oliver) e si arrende davanti ai ricchi sponsor dello spagnolo Soler Roig. Ad inizio stagione la situazione dei team che utilizzeranno il nuovo telaio 711 è pressappoco questa: due vetture per il March Engineering Ltd, una per Ronnie Peterson e l'altra per Alex Soler Roig, gestite in pista da Alan Rees. Le due monoposto utilizzeranno gomme Firestone e benzina BP. Il secondo team è lo STP Oil Treatment Corp., che schiera la March Alfa per Andrea De Adamich e Nanni Galli, i quali, almeno all'inizio, si alterneranno sulla medesima vettura. All'epoca si parla anche di un possibile accordo con Dieter Quester, che dovrebbe portare in dote un motore BMW, ma la trattativa non avrà seguito. La vettura sarà gestita in pista da Alan Rees, coadiuvato da Vince Granatelli, fratello di Andy, e calzerà pneumatici Firestone, appoggiandosi per i carburanti alla BP. L'ultimo team è il Frank Williams Racing, che schiera una monoposto motorizzata Ford per il pilota francese Henri Pescarolo. L'impresa è sponsorizzata dalla Motul e dalla Politoys, le gomme verranno fornite dalla Good Year e i carburanti dalla Elf. Il primo appuntamento della stagione è il Gran Premio del Sud Africa: Pescarolo non ha ancora a disposizione la vettura nuova e deve barcamenarsi con la vecchia 701. I telai 711, dunque, sono soltanto tre. La pole va a Stewart con la nuovissima Tyrrell, un bel modo per festeggiare il debutto del team inglese come costruttore. Le March navigano nelle retrovie in preda a problemi di assetto: il migliore risulta Peterson che riesce ad issarsi fino alla 13° posto, mentre Soler Roig è soltanto 25°. Un po' meglio De Adamich che si piazza al 22° posto, ma il triestino ha già capito che per lui sarà dura, vista la non perfetta efficienza del suo telaio e le mancanze del motore. Al via Regazzoni con la Ferrari beffa tutti e s'invola in testa. Dovrà poi cedere a Hulme per i capricci del suo V12. Peterson e Soler Roig mancano la partenza e ai due tocca accodarsi al fondo. Lo spagnolo si ritrova poi senza motore al terzo passaggio, mentre il suo compagno cerca di recuperare posizioni riuscendo ad issarsi fino al 10° posto, a due giri dalla Ferrari del vincitore Andretti. De Adamich è bravo a portare la sua monoposto al traguardo, chiudendo in tredicesima posizione, ma Franco Lini, nel suo reportage sul Gran Premio, già si interroga se vale la pena per l'Alfa di continuare con simili opache prestazioni. Per il secondo Gran Premio si va in Spagna, al Parque de Montjuich: la più prestante delle 711 è quella nuovissima di Pescarlo che, girando in 1'27"5 sulla pista bagnata, ottiene l'undicesimo posto. Un po' più lento Peterson, 13° con il tempo di 1'27"8. De Adamich sopravanza ancora Soler Roig, installandosi al 18° posto (1'29"5) contro il 20° (1'29"8) dello spagnolo. La gara è un disastro totale, dal momento che nessuna delle quattro macchine resiste fino al traguardo: il primo a salutare la compagnia è Peterson, che mentre lottava con il sovrasterzo per mantenere l'undicesima posizione, si ritrova senza alternatore al 24° giro. Due tornate dopo è l'ora di De Adamich, tradito dal cambio. Al 46° passaggio tocca a Soler Roig, il cui motore rende l'anima, mentre 7 giri dopo la campana suona per Pescarolo, cui cede il supporto dell'ala quando già stava lottando con i capricci del Cosworth. Il GP viene vinto da Stewart, che da un anno esatto non assaggia più lo champagne dalla bottiglia del vincitore. Contro lo scozzese gli sforzi di Ickx su Ferrari e del redivivo Amon su Matra cadono nel nulla. A titolo di cronaca, dal GP di Spagna alle monoposto vengono imposti numeri fissi validi per tutta la stagione il circuito di Monaco è teatro del terzo appuntamento e, come al solito, il Principato dell'impossibile regala sorprese. Il primo protagonista è il maltempo che imperversa sulle prove e, dal momento che a Montecarlo partono solo i primi 18 tempi, la lotta per qualificarsi è all'ultimo sangue. A pagare sono soprattutto quelli privi di esperienza come Soler Roig che stacca una ruota a Sainte Devote, e i debuttanti Nanni Galli, che per questo GP rileva la March Alfa di De Adamich, e Skip Barber con una nuovissima March 711 schierata dal Gene Mason Racing. Bene Peterson che si qualifica all'ottavo posto e Pescarolo 13°. La pole va, invece, a Stewart davanti ad Ickx. Prima della gara è ancora il tempo a farla da padrone e a pesare sulle decisioni delle squadre. Il cielo è grigio e per i team gommati Firestone bisogna decidere che tipo di mescola montare: le tenerissime B26 con il rischio di squagliarle sotto il sole, o le relativamente dure B24 meno competitive alle basse temperature? Le Ferrari optano per le seconde, ma sono molti quelli che azzardano la prima soluzione, tra cui Peterson. L'unico a non avere dubbi e Stewart, la cui Tyrrell calza Good Year. Al via lo scozzese s'invola, seguito dalla Brm di Siffert, che ha bruciato Ickx. Dietro i primi tre seguono Rodriguez (Brm), Peterson, Hulme (McLaren), Beltoise (Matra) e poi ancora un altro trenino guidato da Pescarolo. Peterson inizia a premere come un dannato su Rodriguez, ma il messicano è un osso troppo duro da passare: provvidenziale la sua fermata ai box per sostituire una gomma, che lascia libero lo svedese. In pochi giri Ronnie annulla il distacco che lo separa da Ickx e al 30° passaggio lo sorpassa, ripetendosi il giro successivo con Siffert. Rimane soltanto Stewart, ma lo scozzese non è disposto a farsi minacciare dal giovane "sbarbatello" svedese e con qualche giro veloce annulla la rimonta dell'avversario, limitandosi a controllarlo fino al traguardo. Più altalenante la gara di Pescarolo, che prima subisce il sorpasso di Surtees, poi sente una gomma non perfettamente funzionante e rientra ai box per un controllo, perdendo altre posizioni in favore di Amon e Fittipaldi (Lotus). Il gioco dei ritiri lo riporta dalla decima alla sesta posizione, ma sul finale si lascia infilare ancora da Surtees e chiude 7°, fuori dai punti. La settimana prima del GP di Olanda molti team si recano sul nuovo circuito del Paul Ricard, nel sud della Francia, per una sessione di sviluppo: vi partecipano anche il team March, lo STP e il Williams. In questa occasione Peterson prova il motore Alfa, ma non va oltre il tempo di 1'56", mentre Pescarolo gira sul piede dello 1'55". Vengono svolte anche delle prove comparative di accelerazione tra la March Alfa di Galli e la 711 Ford di Soler Roig, riparata dopo l'incidente a Montecarlo e guidata da Peterson: sorprendentemente il motore italiano ha la meglio sul propulsore inglese. Gli uomini Alfa premono perché lo svedese porti in gara il loro motore e sperano in un suo giudizio positivo. L'operazione sembra concretizzarsi al successivo GP d'Olanda, dove Peterson effettua le prove con l'otto cilindri italiano ed il risultato non è neanche male: 13° in 1'19"73 e comunque davanti a tutte le altre 711, ma lo svedese per la gara rivuole il suo Cosworth. Pescarolo è 15° con un tempo di 1'20"01, mentre Soler Roig riesce a piazzarsi in diciassettesima posizione. Poco più indietro troviamo Nanni Galli, 20° con la March Alfa, e Skip Barber 24° ed ultimo sullo schieramento. Certo che la concorrenza viaggia ad un altro passo: la pole va a Ickx con il tempo di 1'17"42. La domenica il tempo si presenta nel suo aspetto peggiore: la pioggia rende la già difficile pista ancora più insidiosa. Al via Ickx e Rodriguez s'involano e fanno gara a se, battagliando fino all'ultimo giro. Avrà la meglio il belga nonostante gli sforzi del messicano, che conduce anche la gara dal 9° al 29° giro e ancora durante il 31°. Peterson parte bene e alla fine del primo giro è già nono, poi attacca la Lotus di Reine Wisel che dopo lunga battaglia deve cedere. Ronnie si ritrova 5°, complice i ritiri, e parte all'attacco di Surtees, che deve impiegare tutto il suo mestiere per tenersi alle spalle lo scatenato svedese: il suo sforzo dura venti giri, poi "Big John" commette un piccolo errore e apre la porta all'avversario, che inizia a rincorrere Regazzoni, attardato da un'uscita di pista in cui ha rovinato il musetto, ma questa volta Peterson deve accontentarsi di mantenere il suo 4° posto. Per gli altri le cose vanno in maniera meno esaltante: Galli esce di pista in seguito ad un pasticcio combinato da Hulme e si ritrova insabbiato nella via di fuga. Soler Roig, dopo aver subito un testacoda al primo giro, si riprende e vive il suo momento di gloria tallonando Stewart, che naviga a centro classifica in crisi con le sue Good Year da bagnato, molto meno buone delle Firestone. Lo spagnolo deve cedere a pochi giri dalla fine quando si rompe una biella del motore. Pescarolo compromette da solo la sua corsa rovinando l'ala anteriore in un'uscita di pista: gli tocca fermarsi per asportarla, ma senza questa importante appendice, la macchina diventa inguidabile e, pur vedendo la fine, non riesce a completare un numero sufficiente di giri, per cui risulta non classificato. Identica sorte per Skip Barber. Al successivo Gran Premio di Francia, sul circuito del Paul Ricard, Peterson trova ad aspettarlo una March motorizzata Alfa Romeo: in qualifica agguanta il 12° posto, confermandosi ancora una volta il migliore tra i piloti che dispongono della 711. Pescarolo, infatti, è 18°, De Adamich 20°, Soler Roig 23°, mentre Nanni Galli, cui è stata affidata una March motorizzata Ford, non riesce a qualificarsi. La gara risulta un'ecatombe per i motori: la prima vittima è Soler Roig, che saluta la compagnia già al terzo passaggio. Poi al 12° giro è la volta dell'Alfa di Peterson, mentre l'esemplare di De Adamich resiste ancora per dodici tornate prima di rendere l'anima. L'unico che sembrava resistere, Pescarolo, viene tradito dal cambio. Dopo la trasferta francese, viene il momento per i team inglesi di giocare in casa, sul veloce circuito di Silverstone. Il sogno eterno dei team non inglesi è sempre stato quello di espugnare la roccaforte anglosassone e Regazzoni con la sua pole sembra voler mettere un'ipoteca sulla gara. Ma lo svizzero ha intorno brutta gente come Siffert, Stewart, Fittipaldi e Peterson: lo svedese, infatti, girando in 1'19 netti riesce ad installarsi in seconda fila, al 5° posto. Decisamente più lente le altre 711 con Pescarolo in diciassettesima posizione, Nanni Galli (motore Ford) 21°, mentre De Adamich, girando in 1'23"2 si assicura per un pelo il 24° ed ultimo posto in griglia. Da segnalare l'uscita di scena di Soler Roig e l'entrata di Mike Beuttler, stella della Formula 3 che debutta in Formula 1 con un telaio March 711 gestito dal Clarke-Mordaunt-Guthrie Racing. Il giovane pilota centra la qualificazione, installandosi al 20° posto. Al via le speranze di Regazzoni vanno in fumo: Stewart prende il sopravvento ed ammazza la gara a modo suo. Dopo il primo giro Peterson è 6°, poi passa Schenken e quindi si porta all'attacco di Ickx, che però sta bene attento a non aprirgli la porta. Fortunatamente il belga deve rientrare ai box lasciando la posizione allo svedese, che inizia a tallonare Siffert, finché anche il pilota della Brm sente l'impellente bisogno di farsi un giretto sulla pit lane a trovare i suoi meccanici. Davanti a Ronnie c'è ora Regazzoni, il quale deve ben presto mollare l'osso per problemi di motore. Peterson eredità così la seconda posizione, ma di andare a prendere Stewart non se ne parla nemmeno: del resto è stata una giornata già abbastanza fortunata per lui. Bene anche Pescarolo, che con una gara tutta all'attacco riesce a portarsi fino al quarto posto, alle spalle della Lotus di Fittipaldi. Galli conclude penultimo a 3 giri dal vincitore, mentre il debuttante Beuttler incassa la prima delusione dalla sua avventura in Formula 1, rompendo il motore al 21° giro. De Adamich, invece, risulta non classificato. Poi viene il momento di affrontare la brutta bestia: il Nurburgring e i suoi boschi, dove le leggende locali collocano il mitico Whalalla, il regno dove riposano gli eroi tedeschi. Qui più che in ogni altra pista servono fegato e manico, perché si sa, gli eroi sono gente piuttosto esigente in fatto di spettacoli sportivi e non potevano avere sotto i loro occhi un circuitino del cavolo, tipo quello dove corre la Formula 1 oggi. Sui 22 e rotti chilometri del tracciato emerge Stewart, che sigla la pole in 7'19" netti. Peterson è settimo in 7'26"5, mentre Pescarolo occupa la nona posizione con il tempo di 7'26"3. Più indietro ed in sequenza De Adamich (20°), Galli (21°) che per l'occasione ha anche lui a disposizione un motore Alfa Romeo, e Beuttler (22°). La domenica Stewart prende il largo come al suo solito, lasciando agli altri le beghe per le posizioni di rincalzo: Peterson mantiene la su posizione nel delicato momento della partenza, ma poi va all'attacco di Hulme e si ritrova quinto. Quando Ickx parcheggia la sua Ferrari contro le barriere, nel tentativo di mantenere il contatto con Stewart, lo svedese si ritrova quarto, ma nulla può contro Cevert che lo ributta indietro di una posizione. Il maltolto gli viene restituito quando Siffert vola fuori con la su BRM, ma il fato si beffa di Peterson, che perde un pezzo di carrozzeria e deve rientrare ai box per farsi riparare la macchina, lasciando la posizione in eredità ad Andretti. Riesce comunque a chiudere quinto, alle spalle dell'italo americano. L'altra March al traguardo è quella di Galli che finisce la sua corsa al 12° posto, a 2 giri dal vincitore Stewart. Per gli altri son solo dolori: Beuttler esce di scena al 3° giro per una foratura; Pescarolo fracassa una sospensione alla quinta tornata con un'uscita di pista; De Adamich patisce noie all'alimentazione che lo costringono a ritirarsi nel corso del 7° giro. In Austria, sul veloce circuito di Zeltweg, emerge la BRM P160 di Siffert, che sigla la pole mettendosi alle spalle il sempre pericoloso Stewart. Peterson non va oltre l'undicesima posizione, complice un motore non molto fresco. Galli dispone, invece, del nuovo 8 cilindri Alfa con soli tre supporti di banco e la differenza si vede nel 15° posto ottenuto. Beuttler è 19°, mentre Pescarolo riesce ad issarsi fino alla tredicesima posizione. Ma la novità è costituita dal debutto di un giovane e sconosciuto pilota austriaco, Niki Lauda, che piazza la sua March Ford 711 STP al 21° posto, davanti alla McLaren di Oliver. La gara è dominata da Siffert, che segna anche il giro più veloce. La 711 più brillante è quella di Pescarolo che con un'ottima gara riesce a chiudere al 6° posto. Peterson, meno arrembante del solito, è soltanto 8°, mentre Galli conclude in dodicesima posizione. Per Beuttler e Lauda si verifica invece una moria di motori, ma il futuro "ragioniere" della Formula 1 non si arrenderà e la stagione successiva ritenterà l'avventura con una March 721, molto meno buona della 711. Monza è l'ultimo Gran Premio europeo prima della volata finale oltreoceano: la pole va alla Matra di Amon, che sopravanza Ickx e Siffert. Peterson è sesto al fianco di Cevert, mentre Pescarolo piazza la sua March al 10° posto. Beuttler è 16° mentre i due piloti italiani Galli (motore Ford) e De Adamich si spartiscono rispettivamente la diciannovesima e la ventesima posizione. Per il pilota triestino è una gara senza speranza, perché sui lunghi rettilinei della pista brianzola la mancanza di cavalli del motore Alfa si fa sentire pesantemente. La corsa è un carosello di sorpassi, favoriti dal gioco delle scie: al via scatta magnificamente Regazzoni che dalla sua terza fila prende la testa della corsa. Non è da meno Peterson, che dalla confusione del primo giro esce secondo, alle spalle dello svizzero, tallonato da un trenino di brutti clienti composto da Siffert, Ganley (Brm), Ickx e Amon. La battaglia è un inferno e al comando della corsa si alternano in successione folle Regazzoni, Peterson, Stewart, Cevert, Hailwood (Surtees), Siffert e Amon. La severità del tracciato, che esige molto dalle vetture, inizia a fare selezione. Sulla Tyrrell di Stewart finalmente si spacca qualcosa: il motore esala l'ultimo respiro al 15° giro e per lo scozzese è finita. Poi è la volta della Ferrari di Regazzoni, su cui cede il giunto tra trasmissione e motore, lo stesso guasto che ha già appiedato Ickx. Nel gruppo di testa la battaglia è soprattutto tra Cevert e Peterson: i due galli nel pollaio si superano e risuperano senza ottenere mai un vantaggio consistente per proteggere la posizione. Alla volata finale arrivano nell'ordine Peterson, Cevert, Hailwood, Gethin che ha portato la sua BRM nelle posizioni di testa, Ganley e Amon. Lo svedese sembra in grado di controllare la posizione fino al traguardo, ma alla Parabolica arriva un po' lungo e il gruppo si scompiglia. Gethin, nonostante abbia percorso una decina di metri con le ruote di sinistra sull'erba, esce meglio di tutti, pronto a sfruttare i cavalli del suo 12 cilindri per fiondarsi sul traguardo. A nulla valgono i disperati sforzi di Peterson per riprendersi il maltolto: lo svedese chiude al secondo posto per 1/100 di secondo. Cevert, forse il più mortificato da questo finale, chiude al terzo posto a 9/100 da Gethin, insidiato da vicino dall'ex campione di motociclismo Hailwood. Per le altre 711 le solite amarezze: Pescarolo dopo un ottimo avvio si deve ritirare per la rottura del telaietto di supporto al cambio, accontentandosi della soddisfazione di aver siglato il giro più veloce della corsa in 1'23"6. Guai anche per Beuttler e Galli, il primo abbandonato dal motore ed il secondo dall'impianto elettrico, mentre la corsa di De Adamich finisce al 37° giro per la progressiva perdita delle marce. Dopo Monza è la volta di Mosport Park per il GP del Canada: Stewart non vuol perdere il vizietto della pole, sfuggitagli nelle ultime corse, e con il tempo di 1'15"3 riafferma il suo dominio. Peterson è 6° a fianco della Brm di Reine Wisel, mentre Pescarolo non prende parte alla gara in seguito ad un incidente occorsogli durante le libere: il francese perde il controllo della sua monoposto che si schianta contro le barriere. Henri riporta un profondo taglio al mento, uno stiramento ai muscoli del collo e una contusione alle spalle, ma poteva andargli peggio visto com'era conciata la sua macchina. Non partecipa nemmeno la March Alfa di De Adamich, mentre a Galli viene affidata la vettura con motore Ford con la quale si qualifica al 20° posto. Beuttler e Skip Barber, invece, si trovano relegati rispettivamente in ventiduesima e ventiquattresima posizione. Al momento della partenza piove, ma ciò non impedisce a Stewart di prendere la testa della corsa. Dietro di lui si è già incollato Peterson, minacciato a sua volta dalla Matra di Beltoise che nella lotta serrata riesce a passare lo svedese. Ronnie risponde tre giri dopo ed inizia a dar la caccia a Stewart e al 18° giro lo passa. Per tredici tornate Peterson conduce, ma nel corso di un doppiaggio urta la Brm di George Eaton, rovinando il musetto. Nel frattempo ha smesso di piovere e su una pista che va asciugandosi Stewart ritrova il giusto feeling con le sue gomme: al 31° giro passa lo svedese e imposta un ritmo impossibile per il pilota della March danneggiata, che deve accontentarsi di conservare la sua posizione fino al traguardo. Degli altri, Nanni Galli chiude al sedicesimo posto, mentre Mike Beuttler nemmeno viene qualificato e Skip Barber patisce l'ennesimo ritiro per un'avaria. Si arriva all'ultimo atto del campionato sulla pista statunitense di Watkins Glen, ma ormai i giochi per il mondiale sono già fatti da un pezzo. Peterson, che si trova al secondo posto in classifica, è troppo lontano per tentare, e a sua volta sa che nessuno può insidiare la sua palma di vice dello scozzese. Semmai può esserci lotta per il terzo posto tra Ickx, Cevert e Fittipaldi. La pole va ancora una volta a Stewart, davanti a Fittipaldi e a Hulme. Peterson è solo 11°, ma sempre il migliore tra i piloti March: Pescarolo, infatti, si qualifica al 20° posto, mentre Galli con un motore Cosworth piuttosto stanco non riesce ad andare oltre la ventitreesima posizione. Barber e De Adamich si spartiscono l'ultima fila. Al via Stewart capitalizza la sua pole, ma dopo pochi giri in testa si accorge che qualcosa sulla sua Tyrrell non va: tutto quanto può fare è dare il via al compagno di squadra Cevert, che lo segue ormai da vicino, e tentare di frenare gli avversari, ma Ickx, Siffert e Regazzoni trovano comunque il modo di forzare il passaggio. Ora dietro a Stewart ci sono Hulme e Peterson, con lo svedese che ha già dovuto sudare parecchio per passare Hailwood. Quando Hulme deve rientrare precipitosamente ai box per un'avaria, si scatena una dura battaglia tra Stewart e Peterson, replica di quanto sta avvenendo in testa tra Cevert e Ickx. Mentre quest'ultimo duello si conclude con il ritiro del ferrarista per la rottura dell'alternatore, la lotta per il quarto posto si risolve in favore di Peterson, che poco dopo eredita il terzo posto da Regazzoni, alle prese con un motore in calo di potenza. Per le altre 711 è un calvario: al 17° giro Galli deve abbandonare a causa del suo motore che ha esalato l'ultimo respiro. Poi è la volta di Pescarolo, il quale si ritira al 25° giro per rottura della sospensione, mentre Skip Barber non risulta nemmeno classificato. L'unica altra 711 al traguardo e quella di De Adamich, che dopo una buona gara vede finalmente il traguardo in undicesima posizione. Con la vittoria al GP degli Stati Uniti, Cevert scavalca Ickx per la terza posizione nel mondiale piloti, mentre gli ultimi punti portati da Peterson consentono alla March di appaiarsi alla Ferrari per il terzo posto nella Coppa Costruttori.

Dalla 711 alla Eifelland

La storia agonistica della 711 non si conclude con la stagione '71, ma ha un seguito nel campionato successivo. Il Gene Mason Racing, infatti, schiera la solita 711 per Skip Barber nei Gran Premi del Canada e degli Stati Uniti, collezionando un ritiro ed un 16° posto, mentre il Team Williams Motul lancia in Formula 1 il giovane talento brasiliano Carlos Pace, futuro pilota Brabham, destinato a morire prematuramente in un incidente aereo nel 1977. Pace, in undici partecipazioni, vede il traguardo cinque volte, ottenendo come migliori risultati un 6° posto in Sud Africa ed un 5° in Belgio. Nella seconda parte della stagione si concentrano la maggior parte dei ritiri, causa la vetustà del materiale, ma i risultati del brasiliano restano ben al di sopra di quelli ottenuti dal compagno di team Henri Pescarolo che, invece, dispone della 721, una evoluzione della 711 modificata in più di un centinaio di componenti, tra cui le carreggiate allargate e differenziate tra i due assi (1550 mm ant., 1575 mm post. contro i 1524 mm della 711). La 721 può contare anche su nuove "scarpe" Good Year, che nella passata stagione si sono rivelate più costanti rispetto alle Firestone. In tutto vengono costruite quattro 721: una per Pescarolo, due per Niki Lauda e per Ronnie Peterson, alfieri del team March per la stagione '72. L'austriaco e lo svedese utilizzano la nuova vettura soltanto nei primi due Gran Premi della stagione, Argentina e Sud Africa. Dal successivo GP di Spagna, infatti, la casa di Bicester getta nella mischia la rivoluzionaria 721X: i punti di forza dell'ultima creatura di Robin Herd sono il telaio (derivato da quello della 711) rinforzato con una struttura tubolare nella zona del cockpit, a protezione del pilota, la sospensione posteriore con ammortizzatori orizzontali, ed il cambio, derivato dalle vetture sport prototipo, con la coppia conica che precede il differenziale. Quest'ultima soluzione dovrebbe permettere di concentrare il peso attorno al baricentro con vantaggi sulla stabilità ed il controllo della vettura. Come si ricorderà questa strada era già stata tentata dall'Alfa Romeo, ed in effetti la meccanica interna della nuova unità di trasmissione è fornita proprio dagli italiani. Le ambiziose idee di Herd non hanno un esito felice e la 721X si comporta come un autentico bidone, al punto che Lauda riuscirà a convincere i vertici della March ad abbandonare il progetto per ripiegare sulla 721G, un telaio 722 da Formula 2 dotato di meccanica da Formula 1, con cui già correva Mike Beuttler. La 721 G si rivelerà una vettura mediocre ed il più deluso da questa stagione disastrosa sarà proprio il pilota austriaco, che per tentare l'avventura March aveva fatto ricorso ad un credito della Raiffeisen Bank. Per tornare alla 721, il quarto telaio viene venduto alla Eifelland di Gunther Hennerici e qui la storia sfiora la commedia brillante. Hennerici è un costruttore di caravan con il pallino delle corse: con il suo team fa correre monoposto di Formula 3 e Formula 2, oltre a sponsorizzare la carriera di Rolf Stommelen, il primo pilota tedesco dopo Von Trips. Dopo una brillante stagione in Brabham, nel 1971 Stommelen incappa nella disavventura Surtees e alla fine di questa stagione i suoi maggiori sponsor, Eiffeland e Ford Colonia, decidono di operare un maggior controllo sul budget speso. Fondare un team di Formula 1 sembra l'unica strada possibile, ma Hennerici va oltre, sognando la costruzione della prima Formula 1 tedesca dai tempi della Porsche, ad inizio anni '60. Trovare un accordo tra i possibili partner è complicato, inoltre pesano le scarse risorse economiche: si perde tempo e ci si ritrova alle porte della stagione '72 senza un progetto. Si decide così di ricorrere all'acquisto di una March 721, ma i tedeschi non rinunciano all'idea di metterci mano personalmente: l'ingegnere austriaco Jo Karasek progetta una nuova veste aerodinamica ispirata alla Tyrrell che ha portato al titolo Stewart nel 1971. La nuova monoposto viene presentata dalla stampa tedesca come una monoposto nata a tutti gli effetti in Germania e questo basta già a scatenare le ire degli inglesi. Improvvisamente entra in scena Luigi Colani, svizzero trapiantato in Germania, da qualcuno menzionato come un guru del design industriale, da altri come un'esteta dell'effimero. Sostenitore delle forme morbide ed arrotondate, con un passato di designer alla Fiat e alla BMW, Colani è intimamente convinto che i tecnici della Formula 1 siano una massa di incompetenti che dell'aerodinamica non ha capito nulla. Visti i disegni della convenzionale Eifelland 21, si getta nella mischia acquistando un telaio 711 ex Peterson, allestendo in sole 100 ore di lavoro e 0 ore di galleria del vento una nuova veste aerodinamica, destinata ad essere montata sulla nuova vettura di Hennerici. In pratica, Colani costruisce una sport prototipo, a ruote scoperte, caratterizzata da una presa d'aria davanti all'abitacolo che deve alimentare il motore, e da uno specchietto che si erge al di sopra del pilota, sorretto da un sostegno sottile che spacca in due la sua visuale. A parte la scomodità per Stommelen di avere davanti al naso quel "coso" e di dover alzare la testa per vedere cosa accade alle sue spalle, la vettura si dimostra inizialmente abbastanza veloce. Il guaio è che la veste aerodinamica sacrifica troppo la meccanica e sotto quel coperchio di vetroresina i motori cuociono, perfino nel freddo invernale del Nurburgring. La macchina non è l'unica a patire le temperature, dal momento che anche Colani, dietro ai suoi vistosi baffoni, da segni d'instabilità definendo le monoposto avversarie "scatole per le uova". Nessuno si scompone davanti a tali dichiarazioni, anche perché nel frattempo la Eifelland 21 ha bisogno di sostanziali modifiche: già in occasione del debutto, avvenuto al GP del Sud Africa, la monoposto si presenta con i pezzi della 721 originale. In seguito si farà ricorso a parti derivate dalla 721 G, eliminando l'ala ellittica per un muso più convenzionale. L'unica parte non rinnegata dell'iniziale progetto di Colani è la zona intorno al cockpit, con la sua caratteristica presa d'aria e lo specchietto retrovisore a periscopio. La vettura risulta mediocre e Stommelen avrà il suo da fare per mantenerla in posizioni decenti. Intanto, Hennerici deve far fronte ai guai derivanti da un incendio che ha procurato notevoli danni alla sua industria di caravan e ai crescenti problemi finanziari. Dopo pochi GP l'imprenditore tedesco deve liquidare la sua azienda vendendola alla Meeth, fabbrica di serramenti che non ha alcun interesse nelle corse e dopo il Gran Premio d'Austria mette fine all'avventura. Questa storiella è utile per capire come il confine tra un progetto originale, la March 711, ed uno bizzarro, la Eifelland 21, sia assai labile. Su questo esile confine si gioca la differenza tra la vittoria e la sconfitta, ma anche davanti alla seconda ipotesi, rimane comunque la poesia di uomini che sognano la gloria attraverso un bolide lanciato su un nastro d'asfalto.

Stefano Costantino

Un ringraziamento all'Ing. Gianni Marelli, che con il suo entusiasmo ci ha concesso di fare un po' di luce sulle vicende agonistiche dell'otto cilindri Alfa Romeo, e un ringraziamento al Museo dell'Automobile "Carlo Biscaretti di Ruffia" per averci messo a disposizione il suo prezioso archivio.

  • A.A.V.V., Autosprint, annata 1971, Conti Editore, Bologna.
  • Bolster J., March's radical new 711, in Autosport, gennaio 1971, (www.marchives.com)
  • Per informazioni sulla storia della March si fa riferimento a www.marchives.com e a www.research-racing.de, che presenta anche una dettagliata storia della Eifelland.

Tutti i nomi, i loghi e i marchi registrati citati o riportati appartengono ai rispettivi proprietari.
Tutti gli articoli, le fotografie e gli elementi grafici presenti in questo sito sono soggetti alle norme vigenti sul diritto d'autore; é quindi severamente vietato riprodurre o utilizzare anche parzialmente ogni elemento delle pagine in questione senza l'autorizzazione del responsabile del sito.

Graphic & Engineering by Fabio Carrera