10/05/2016 -
Doveva essere la giornata della Porsche, dominatrice incontrastata delle prove, poteva essere la giornata della Toyota, autrice di un vero exploit nelle prime ore di gara, ed invece quella della 6 ore di Spa è stata la giornata dell’Audi o, per meglio dire, del team che fino a metà gara era apparso in seria difficoltà, schiacciato a livello prestazionale dagli avversari. Ma tutto si spiega meglio se si sostiene che più di ogni altra cosa è stata la giornata dell’inaffidabilità: abituati come eravamo a vedere dei prototipi ibridi che, almeno pareva, non si rompessero neppure se presi a bastonate, l’assistere ad una gara nella quale quasi tutti hanno accusati problemi piuttosto gravi, perlopiù legati proprio al sistema ibrido, ci ha fatto risvegliare dal torpore. I sistemi ibridi di quest’anno sono frutto di una ricerca esasperata, che ha fatto crescere le potenze in modo inatteso. Non deve allora stupire troppo se di conseguenza, tendono a diventare sempre più complicati e fragili, arrivando ad accusare, in gare di sei ore, qualche problemino. Soltanto qualche mese fa, i tecnici parlavano di una riduzione delle prestazioni delle vetture ibride piuttosto importante, mentre ora, dopo sole due prove del campionato, è diventato chiaro come l’evoluzione sui sistemi ibridi sia riuscito a scongiurare questo rischio. Proprio alla luce di quanto visto sino ad ora, diventa difficile fare previsione sul risultato della prossima 24 ore di Le Mans. Senza scadere nel pensiero di chi vede già una Rebellion sul gradino più alto del podio a causa dei problemi altrui, non è improbabile che la gara si possa distinguere per un susseguirsi di colpi di scena. La Porsche a Spa come a Silverstone ha dimostrato di essere la più veloce, soprattutto nel giro secco in qualifica, dove pare non avere rivali. In gara però la vettura di Dumas-Lieb-Jani ha perso la power unit dopo soli sette giri, costretta a proseguire con il solo propulsore endotermico e cogliendo un ottimo secondo posto solo per i ritiri degli avversari, mentre quella di Webber-Bernhard-Hartley ha visto sfumare i sogni di vittoria quando una foratura ha fatto letteralmente saltare il differenziale. Una casualità la seconda, certo, ma anche un monito in previsione della 24 ore. La Toyota dal canto suo ha brillato come non succedeva da tempo, vuoi per aver potuto utilizzare la mescola di pneumatici più costante essendo l’unica in veste aerodinamica high downforce, vuoi perché il progetto pare nato bene. Nonostante entrambe le vetture siano state costrette al ritiro, l’una per problemi elettrici, l’altra per la rottura del nuovo V6 turbo, il trio Buemi-Nakajima-Sarrazin è stati a lungo al comando, avendo ragione delle Audi e resistendo piuttosto bene ad un tentativo di recupero da parte delle Porsche. Un ottimo segnale in previsione di Le Mans, soprattutto se l’aerodinamica studiata appositamente per la 24 ore, si dimostrerà indovinata. Discorso diverso per la Audi, che nonostante la raffinatezza costruttiva, sembra non riuscire a tenere il passo delle rivali. Dopo l’expoit di Silverstone, i prototipi di Ingolstad sono state sopravanzate sia in prova che in gara sia da Porsche che da Toyota, e questo nonostante i propri piloti si siano distinti per una aggressività addirittura inconsueta. Veloce ma non troppo nei rettilinei grazie alla scelta di presentarsi in versione a basso carico, è apparsa in difficoltà nei tratti misti, dimostrando che il sistema ibrido a 6Mj abbinato al turbo diesel costringe a compromessi spesso discutibili. In gara poi anche il prototipo tedesco è stato afflitto da problemi, con Fassler-Lotterer-Treluyer che hanno accusato problemi al sistema ibrido che li ha costretti a lungo ai box, estromettendoli definitivamente dalla lotta per le posizioni importanti. Così, la vittoria alla fine ha arriso alla sola Audi che non ha accusato problemi tecnici, quella di Jarvis-DiGrassi-Duval anche se, a ben vedere, la perdita della telemetria a due ore dalla fine ha messo in discussione una vittoria ormai acquisita.
Un discorso a parte lo merita la Rebellion, che a Spa ha centrato un terzo e quarto posto assoluti, risultati che lo scorso anno parevano una vera e propria chimera. Il team svizzero, ottenuta finalmente una buona affidabilità, potrebbe centrare sulla Sarthe un risultato importante, sfruttando i soli sei prototipi ibridi presenti. Dopo i due quarti posti ottenuti recentemente, chissà che finalmente non arrivi un podio; un iniezione di fiducia per una categoria, quella delle P1 private, che ancora non trova la propria identità.
Bella, avvincente ed incerta la categoria P2, che per l’ennesima volta ha regalato un arrivo al fulmicotone, con ben quattro vetture in soli 6”, anche se una decisione post-corsa ha penalizzato di 23” la Ligier dell’RGR Sport, che comunque ha mantenuto la quarta posizione. La vittoria è andata all’Alpine di Lapierre-Richelmi-Menezes, protagonista nelle ultime tornate di un duello appassionante con la Ligier di Derani-Dalzien-Cumming, culminato con un bel sorpasso alla chicane di Fagne. Sfortunata invece la prova dell’Oreca GDrive: Rast, autore di una Pole magistrale, ha a lungo condotto la gara ma una foratura intorno alla metà di gara ha privato la squadra di un meritato successo. Ormai fuori dai giochi le vecchie Gibson, che fino all’anno scorso avevano detto la loro: neppure il talento di Van Der Garde è bastato per risollevare le prestazioni di un prototipo che nel WEC sembra aver fatto il suo tempo.
Meno interessante delle passate stagioni appare la situazione delle GTPro. Considerato che il Bop attuale dovrebbe essere confermato anche per Le Mans, le Ferrari 488 sembrano non avere concorrenti. A Spa è stata doppietta in prova e poteva esserlo anche in gara, se a meno di dieci minuti dall’arrivo sulla vettura di Bruni-Calado non si fosse verificato un problema al motore che ha costretto alla resa. Le Ford Gt, se dal punto di vista delle prestazioni sono apparse migliorate, tanto da conquistare il secondo posto, continuano comunque a pagare dazio dalle berlinette italiane. La violenta uscita di pista al Raidillon di Mucke all’inizio dell’ultima ora, che ha fatto trattenere il fiato ai 56.000 spettatori giunti per l’evento, nonostante sia stata causata con tutta probabilità da una foratura, non giova ad una realtà che solo qualche mese fa era convinta di arrivare nel WEC per interpretare il ruolo della protagonista. Solo Le Mans ci dirà tuttavia il potenziale della Gt americana. Stesso discorso vale per la Aston Martin: in questo caso però la sensazione è che si sia arrivati al limite del progetto e che di qui in avanti più di tanto non si possa chiedere alle Vantage. Se si esclude il terzo posto, il week-end potrebbe essere archiviato tra quelli da dimenticare, con i piloti costretti a dannarsi l’anima per tentare di tenere il passo degli avversari di punta. L’unica speranza arriva dalle Corvette ufficiali che saranno a Le Mans, ma la sensazione è che se non sarà una Ferrari a vincere, qualcuno vestito di rosso dovrà recitare il mea culpa.
Molto più aperta appare la situazione in GTAm, dove Ferrari, Aston Martin, Porsche e persino Corvette possono puntare alla vittoria. In belgio Lamy-Lauda-Dalla Lana hanno colto la vittoria davanti alla Ferrari dell’AF Corse e alla Corvette del Larbre, ma se non fosse stata costretta ad una sosta improvvisa a pochi minuti dalla fine, il secondo posto sarebbe stato conquistato dalla Porsche del team Proton.
Appuntamento a Le Mans tra poco più di un mese: e questa volta varrà la pena esserci!
RISULTATI QUALIFICHE
RISULTATI GARA